Impressionismo

Alla fine dell'ottocento un gruppo di amici decise di esporre le loro opere organizzando una mostra, al di fuori dei circuiti istituzionali dell'Arte (come i Salon e l'Accademia di Belle Arti), allestendo la mostra in uno studio sfitto di un fotografo parigino. L'iniziativa darà vita al gruppo degli Impressionisti.Gli Impressionisti oggi sono considerati dalla critica e dagli studiosi della Storia dell'Arte come uno dei movimenti più rivoluzionari del XIX secolo. Un movimento capace di sovvertire il sistema di pensiero storico e critico che stava alla base della società occidentale. Ma cosa portò a tale trasformazione? Quali innovazioni tecniche e artistiche si erano sviluppate durante l'ottocento per permettere la nascita di una rivoluzione, seppur fatta di tele, colori e pennelli, così dirompente?

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Fotografia

La fotografia nacque ufficialmente nel 1839 quando Daguerre1 presentò il frutto di anni di ricerche all'accademia delle Scienze delle Arti di Parigi: il così detto dagherrotipo. Già da una decina d'anni il chimico e artista francese stava sperimentando un metodo per sfruttare la fotosensibilità di alcune sostanze chimiche e fissare su un supporto l'immagine ricreata nella camera oscura.

1 dagherrotipo

Il fenomeno della camera oscura viene citato da Aristotele nel IV secolo a.C.2. L'arabo Alhazen riprenderà gli studi sui raggi luminosi e sulla teoria della visione nell'XI secolo. Le sue teorie arrivarono in occidente grazie alla traduzione del monaco Vitellione3 nell'opera Opticae thesaurus Alhazeni arabis. Nel 1515 Leonardo da Vinci4, proprio partendo dagli studi di Alhazen, descrisse, nel Codice Atlantico, l'esperimento della camera oscura. Le camere oscure verranno più volte utilizzate durante i secoli successivi da vari pittori, per risolvere problemi di prospettiva. Ad esempio dai vedutisti nel '700: Bellotto e Canaletto (la cui camera oscura originale si trova attualmente al Museo Correr di Venezia) con la “camera ottica”, uno strumento che permetteva di riportare velocemente il disegno di un paesaggio o più genericamente di una “veduta” su un foglio o su di una tela, sulla quale intervenivano in seguito dipingendo in maniera tradizionale.

2 camera ottica

Vi sono teorie che ipotizzano che lo stesso Caravaggio5 utilizzasse sistemi simili per poter trasferire sulla tela l'immagine dei modelli che aveva posizionato all'interno dello studio oscurato. Ravvivando con fiaccole o lampade i soggetti e facendo riflettere l'immagine sulla tela, ne ricalcava i contorni con un colore fosforescente (in modo da poterlo vedere al buio). Quindi, riportando la luce nell'ambiente, dipingeva attraverso la sua tecnica molto realistica ed enfatica.

I dagherrotipi inventati da Daguerre sono degli esemplari unici non riproducibili in multipli. Il sistema sperimentato dallo studioso francese non prevede infatti che si possano fare delle copie del supporto finale. Sarà l'inglese William Henry Fox Talbot6 nel 1841 a brevettare un sistema per replicare più copie della stessa immagine utilizzando un negativo sul vetro.

Nel giro di pochi decenni l'innovazione tecnologica della fotografia cambierà l'immaginario della cultura occidentale, arrivando ad influenzare fortemente il pensiero, non solo in campo artistico ma anche da un punto di vista sociale, economico e politico. L'uomo dell'ottocento assume una maggior consapevolezza nei confronti di ciò che lo circonda, adotta uno sguardo diverso, nuovo.

La fotografia inizialmente si deve sviluppare tecnicamente, ma in pochi anni il costo di una stampa fotografica è alla portata di tutti (o quasi). Se inizialmente la fotografia copia gli stilemi della pittura, emulandone gli stessi schemi compositivi e strutturali, si rende ben presto conto che è un linguaggio completamente diverso, con peculiarità proprie. I nuovi fotografi hanno un mondo da inventare, un potente sistema espressivo a loro disposizione con cui percorrere nuove strade artistiche. Il fotografo può scegliere inquadrature assolutamente bizzarre, inedite (il così detto “taglio fotografico”) scardinando gli schemi compositivi su cui si era basata per secoli la pittura occidentale. Il mezzo fotografico permette di avvicinare e catturare con precisione, velocità e fedeltà la realtà delle cose: lo sguardo di un bambino, il gesto spensierato di un passante, la posa involontaria di una ragazza, il momento preciso in cui accade un incidente, un fatto di cronaca nera, un documento storico, un avvenimento politico... Ma è soprattutto nei suoi mezzi tecnici che si nasconde l'alfabeto della fotografia: il tempo dello scatto e la luce che entra nel corpo della macchina (la camera oscura dove si può letteralmente disegnare con la luce: photo-grafia).

L'utilizzo della fotografia è fondamentale per impressionisti sia come documentazione, sia come spinta emotiva per poter effettuare la loro ricerca artistica, sia come componente dell'immaginario della pittura.

3 macchina fotografica

 

Il realismo

Intorno alla metà dell'800 gli stati europei sono scossi dai moti rivoluzionari. Le contestazioni del 1848 permetteranno nuove conquiste sociali e la genesi di nuove nazioni. Anche l'Italia è caratterizzata da un movimento d'indipendenza nazionale, ma vi giungerà con qualche anno di ritardo rispetto al resto d'Europa. Sempre nel 1848 Marx7 ed Engels8 pubblicano il “Manifesto del Partito Comunista”, mentre nel 1867 vedrà la luce il primo volume del Capitale. La lettura filosofica, sociale e politica di Marx ed Engels si basa su presupposti e strumenti di analisi completamente diversi rispetto ai canoni precedenti, molto più attenti ai fenomeni economici e strutturali della popolazione9In questi decenni il metodo scientifico e la dottrina del positivismo, caratterizzano e spingono il progresso tecnologico e lo sviluppo industriale della società. Se la nascita della fotografia può essere collocata idealmente nel 1839, la fine del IX secolo vedrà la nascita di altri due innovativi ed accattivanti linguaggi che catalizzeranno sempre più l'attenzione verso la narrazione quotidiana. Nello stesso anno, ovvero il 1895, nasce il cinema per opera dei fratelli Lumière10 e la diffusione sui quotidiani dei primi fumetti, riconoscendone la primogenitura al personaggio di Yellow Kid11 creato da Richard Felton Outcault12 per il supplemento domenicale del New York World.

4 Yellow kid

Gustave Courbet

Per il mondo artistico, ed in particolare per la pittura, è fondamentale la testimonianza di Gustave Courbet. Il pittore francese riesce a scardinare il sistema stereotipato del mercato d'arte e delle istituzioni culturali, rappresentato dall'accademia e dai salon, prima di tutto scegliendo come soggetto dei suoi dipinti temi tratti dalla quotidianità, soggetti di una banale e proprio per questo dissacrante semplicità: umili lavoratori come gli “Spaccapietre”, situazioni della vita di tutti i giorni come un funerale nel cimitero del suo villaggio (Ornans) o il dopocena trascorso assieme al fratello e al padre, accanto al tavolo della cucina ancora ingombro della tovaglia e dei resti della cena. Poi, nel 1865, organizza un'esposizione parallela e in forte contrasto con quella del salon ufficiale gestito dall'Accademia, il cosiddetto “Padiglione del realismo” all'interno del quale possono esporre artisti, come lo stesso Courbet, che non sono stati selezionati ed accettati dalla critica accademica. L'esperienza è fondamentale perché aprirà nuovi mercati e nuove modalità di presentazione delle opere d'arte, in un mondo che fino a quel momento era rimasto estremamente conservatore. Il Padiglione del realismo fu anticipato nel 1863 dal Salon des Refusés voluto dallo stesso Napoleone III. In quell'anno la giuria di ammissione dell'Accademia parigina rifiutò di esporre una notevole quantità di dipinti (circa 3000, secondo le fonti). A seguito di numerose proteste, l'Imperatore organizzò un'esposizione parallela a quella ufficiale, consentendo ad artisti come Édouard Manet con il suo “Le déjeuner sur l'herbe” (la principale causa dello scandalo), Claude Monet, Camille Pissarro, James Whistler e altri di esporre le loro opere. La frequentatissima esposizione divenne però anche oggetto di critiche e persino di derisione. Le opere esposte venivano infatti denigrate non solo dalla critica ufficiale, ma anche dal pubblico parigino stesso. Il Salon des Refusés ebbe il merito di consentire una prima apertura verso l'arte "non ufficiale" e tradizionalista, ma anche lo svantaggio di esporre i giovani artisti al pubblico ludibrio. Al nuovo Salon parteciparono anche artisti come Degas (anche se si definiva realista) e Renoir.

5 Courbet Spaccapietre

Gustave Courbet, 1849, olio su tela, 165×257 cm, opera distrutta durante i bombardamenti di Dresda (1945).

La scuola di Barbizon

In questo contesto di forti cambiamenti fondamentale risulta l'esperienza degli artisti appartenenti alla cosiddetta scuola di Barbizon, un movimento di borghesi intellettuali parigini che, in assoluta controtendenza rispetto ai dettami accademici, decidono di trasferirsi a vivere per alcuni mesi nel villaggio contadino di Barbizon, ai confini della foresta di Fontainebleau, per dipingere pittura di paesaggio. Li caratterizza un sentimento nostalgico per la natura, vogliono ritrovare quei valori primordiali, autentici e genuini, basati sul rapporto uomo-natura che l'industrializzazione aveva cancellato irrimediabilmente dal cuore delle società contemporanea. La loro poetica riprende gli ultimi barlumi della passione romantica conducendola verso un atteggiamento sincero e diretto nei confronti della realtà quotidiana, autentica soprattutto se ci si pone con umiltà di fronte alle infinite suggestioni offerte dal creato. I pittori della scuola di Barbizon vogliono cogliere i fenomeni atmosferici, sentire sulla loro pelle i vari mutamenti del clima, respirare l'aria pura, riscoprire il sentimento della natura e si rendono conto che l'unico modo per poterlo fare è vivere a contatto con questa. Non dipingono ancora “en plein air”, ovvero all'aria aperta, ma passano la maggior parte delle ore della loro giornata a prendere appunti, bozzetti e schizzi direttamente alla luce del sole, di fronte e a stretto contatto con i soggetti naturali. Tra gli esponenti del gruppo ricordiamo Pierre-Etienne Théodore Rousseau, Jules Dupré, Narcisse Diaz, Costant Troyon, Francois Millet, Charles Daubigny, Camille Corot. L'esperienza della scuola di Barbizon sarà fondamentale per la nascita degli Impressionisti.

Gli impressionisti

Siamo all'inizio degli anni '70. A Parigi si vive un momento particolarmente felice e frizzante da un punto di vista culturale: la così detta Belle Époque13.

Gli studi scientifici sulla percezione

Nella seconda metà dell'800 il progresso scientifico ha affiancato anche il mondo dell'arte effettuando approfonditi studi sulla percezione, conferendo una nuova intenzionalità alla pittura. Risultano fondamentali gli studi di Chevreul14, Maxwell15 e Ogden Rood16 che sono alla base della ricerca pittorica dell'impressionismo prima e successivamente del neoimpressionismo.

Michel-Eugène Chevreul è un chimico che svolge la sua attività nelle manifatturiere Gobelins, una ditta che produce tessuti e arazzi. Lavorando per la sua azienda si appassiona sempre più agli studi di “cromatica” (oggi chiamata più correttamente “cromatologia”, ovvero scienza che studia i colori). Chevreul analizza un fenomeno che in precedenza avevano già indagato, anche se in maniera più pragmatica, sia Constable che Delacroix. Il chimico capisce che basta accostare due macchie di colore una vicino all'altra, per poter generare, quando viste da lontano, un terzo colore. Le due tinte si influenzano ricreando otticamente un nuovo colore che nasce dalla loro fusione. Il fenomeno ottico viene sfruttato da Chevreul per ottimizzare la produzione industriale: basta utilizzare fili di lana di due colori differenti, ad esempio uno di lana gialla e uno di lana blu, che intrecciati insieme consentiranno di produrre un tessuto di un terzo colore (il verde in questo caso) senza però dover mettere in produzione un terzo colore vero e proprio.

Chevreul porterà avanti le proprie osservazioni sui colori: il “contrasto simultaneo” collegato alla luminosità dei colori accostati (che raggiunge la sua massima ampiezza con i colori complementari); la definizione del cerchio cromatico, disponendo i colori principali in uno schema geometrico che permette di analizzarli con più attenzione; la definizione di termini che ci permettono di indicare con più precisione le caratteristiche e le peculiarità del colore. Questi termini sono: tinta, indica il colore esatto che si trova sul cerchio cromatico; saturazione, è la caratteristica di una delle tinte che non contiene al suo interno nessuna percentuale né di bianco né di nero (quando una tinta è satura, raggiunge la sua massima forza espressiva ed è caratterizzata da peculiarità specifiche); il tono, una tinta mischiata con una percentuale di bianco o di nero. Un'ulteriore schematizzazione dei colori è la sfera dei colori. In essa il bianco viene collocato nella parte più alta (il polo nord), mentre il nero nella parte più bassa (il polo sud). Quando una tinta, che sta idealmente all'equatore, si mischia ad esempio con il bianco si forma un tono derivato dalla tinta di partenza. Infine la luminosità è una caratteristica intrinseca delle tinte: esistono tinte che sono più luminose (in particolare la più luminosa di tutte è il giallo); esistono tinte che sono meno luminose (in particolare la meno luminosa di tutte è il viola che è il complementare del giallo, ovvero si trova nella posizione opposta del cerchio cromatico).


7 cerchio cromatico itten

Il cerchio cromatico di Itten.

 8 sfera cromatica itten

Sfera cromatica

9 sfera cromatica itten2

Sfera cromatica

 Ogden Rood

Il fisico Ogden Rood sviluppò ulteriormente lo studio del colore. Rood classificò il colore in due grandi insiemi:

  • il “colore come materia” ovvero tutto ciò che riguarda gli oggetti e quindi anche l'impasto pittorico;

  • il “colore come luce” ovvero la radiazione luminosa.

    Il nostro occhio percepisce una parte dello spettro elettromagnetico. La luce bianca del sole è considerata la radiazione più pura. Gli oggetti quando vengono illuminati assorbono parte delle radiazioni luminose e ne riflettono altre. Il nostro occhio percepisce le radiazioni che la materia non assorbe quindi, paradossalmente potremmo affermare che un oggetto è caratterizzato da tutte le radiazioni colorate tranne quella che noi vediamo. E' un gioco linguistico ma quando noi diciamo che un oggetto è rosso in realtà quell'oggetto trattiene tutte le radiazioni tranne quelle del rosso. Questi colori, cioè quelli che caratterizzano la materia degli oggetti, e quindi anche i pigmenti stesi dai pittori sulla tela, sono quelli che Ogden Rood definisce come “colore come materia” e che oggi noi definiamo, con più precisione, come “sintesi sottrattiva” ovvero la materia sottrae parte delle radiazioni luminose alla luce bianca. I primari della sintesi sottrattiva sono: il giallo (Y - Yellow), il ciano (C - Cyan) e il magenta (M - magenta). Possiamo trovare questa sigla ad esempio sulla stampante a getto d'inchiostro a indicare i serbatoi separati degli inchiostri giallo, ciano e magenta a cui solitamente viene aggiunto il nero per avere un una tinta più piena e netta. Il nero potrebbero essere ugualmente ottenuto mischiando i tre primari.

    Nel caso invece del “colore come luce” Rood indica le radiazione luminose. Come dimostrò in precedenza Newton17 quando un fascio di luce bianca passa attraverso un prisma si divide nelle componenti visibili dello spettro elettromagnetico. Sono radiazioni luminose: lo schermo della televisione, del computer o del cellulare, oppure le luci che si utilizzano a teatro o nella sala cinematografica. In questo caso si parla di “sintesi additiva” i cui primari sono il rosso (R - Red), il verde (G - Green) e il blu (B - Blue). Le tre lettere iniziali RGB indicano i LED degli schermi luminosi che spesso, per lavoro, svago o per studio, osserviamo molte ore della nostra giornata.

10 newton prisma luce

Il prisma di luce di Newton

L'ambiente degli Impressionisti

I componenti del gruppo degli Impressionisti sono giovani pittori che frequentano gli stessi ambienti parigini, gli stessi locali, le stesse scuole. Un gruppo di amici che condividono interessi e ricerche artistiche: gli studi che la scienza sta svolgendo su quanto riguarda il nostro campo visivo; i cambiamenti che la fotografia sta portando rispetto all'immaginario della società; un nuovo modo di guardare e considerare la realtà in cui vive l'uomo.

Gli artisti dell'impressionismo partono dalla considerazione che la nostra percezione avviene in due momenti distinti: prima a livello dell'occhio che è l'organo sensoriale che ci permette di percepire la luce e che funziona in maniera molto simile a quanto accade nella camera oscura, ovvero nella macchina fotografica (un fascio di luce entra attraverso la pupilla, esattamente come entra attraverso l'obiettivo di una macchina fotografica; colpisce la retina, esattamente come colpisce una pellicola sensibile; sulla retina si trovano delle cellule fotorecettori (i coni reagiscono ai diversi colori e i bastoncelli ci permettono di percepire le differenti sfumature di grigio, cioè le gradazioni di chiaroscuro). Queste informazioni vengono inviate, attraverso il nervo ottico, al cervello dove sono rielaborate in maniera complessa attraverso una serie di componenti esperienziali e dove avviene il secondo livello della nostra percezione, molto più complesso e profondo (i primi studi avvengono grazie alla psicanalisi di Freud18 a partire dal nuovo secolo).

Il rapporto con la fotografia

Gli artisti dell'impressionismo vogliono fare una pittura che si avvicini molto alla fotografia, non per cercare un realismo e un dettaglio fotografico (sarebbe un'inutile scimmiottatura di una tecnica e di un linguaggio differenti). La fotografia aveva messo in crisi il sistema dell'arte, la motivazione stessa dell'esistenza della pittura. Questa nuova tecnica aveva permesso di rappresentare la realtà in maniera veloce, fedele, precisa e sicuramente più economica, permettendo di portare un'immagine nelle case di quasi tutte le persone della della società. La pittura, che fino a quel momento aveva avuto il compito di rappresentare la realtà, veniva questo punto sostituita dalla fotografia: più economica, veloce e precisa. La pittura non aveva più motivo di esistere, a meno che la sua ragione di esistenza si trovasse in altro che non fosse esclusivamente la rappresentazione della realtà. Gli Impressionisti cercano di porsi nei confronti della realtà esterna esattamente come fa la fotografia, in maniera diretta ed oggettiva, utilizzando però gli strumenti che sono propri della pittura: la tela e i colori. Eliminano qualsiasi interesse per il tema: il paesaggio è semplicemente uno strumento e un'occasione per fare pittura.

La luce e la pittura “en plein air”

Come già si era reso conto Delacroix19 nel 1832 quando, in occasione di un viaggio in Marocco, era stato colpito dalla forza e della vivacità dei colori di questi paesi in cui il sole era più forte e splendente, abbozzando quelle immagini nei suoi taccuini di viaggio, nello stesso modo gli Impressionisti si rendono conto che i colori più vivi e veri, più attinenti alla realtà, sono quelli degli oggetti esposti luce del sole. Sulla scorta fondamentale dell'esperienza della Scuola di Barbizon, decidono di andare a dipingere all'aria aperta: en plein air. Ma perché i pittori fino ad allora non lo avevano mai fatto? Vi erano delle motivazioni strettamente pratiche. Solitamente il pittore dipingeva in studio appoggiando la propria tela su un grosso, pesante e scomodo cavalletto. L'artista doveva prepararsi i colori, quasi tutti i giorni, mischiando il pigmento colorato (cioè delle polveri) con l'olio di lino (precedentemente con il rosso d'uovo nel caso della tempera). Era quindi estremamente scomodo potersi portare appresso tutto questo materiale. Alla fine dell'ottocento vengono introdotti sul mercato delle novità, estremamente semplici e banali, che permetteranno di effettuare con semplicità la pittura en plein air. Queste innovazioni sono:

  • il cavalletto portatile, un cavalletto leggero che poteva essere ripiegato in una valigetta di legno o in uno zaino da portare sulle spalle;

  • il pennello piatto, ovvero un pennello che, grazie ad una sottile lamina metallica, permetteva di raccogliere le setole in una forma particolare, ad esempio piatta (un pennello piatto permette di stendere il colore più velocemente e su una larga superficie;

  • il colore nel tubetto.

    Queste tre semplicissime invenzioni permetteranno gli artisti impressionisti di raccogliere gli strumenti del loro lavoro sulle spalle, di prendere il treno dal centro di Parigi e di spostarsi sulla riva della Senna o nelle campagne alla periferia della città, per andare a dipingere in mezzo ai campi, ovvero dove la luce del sole è più forte, i colori sono più saturi e più accesi. Il paesaggio è semplicemente un'occasione per fare pittura.

La pittura en plein air implica però delle difficoltà. Quando si dipinge in studio un soggetto, questo viene illuminato con una luce artificiale che può essere ricreata nei giorni e nei mesi successivi con estrema facilità e nello stesso identico modo, utilizzando lampade o torce. All'esterno la luce è estremamente mutevole: il sole si sposta durante le ore del giorno, la situazione atmosferica ne muta le caratteristiche. Ciò che gli Impressionisti si prefiggono è la cattura di un istante, la percezione di un momento che l'attimo seguente trasformerà in qualche cosa di diverso. Per poter cogliere un particolare effetto di luce o dei colori, bisogna effettuare una pittura estremamente veloce. Il tempo della pittura non può essere quello della fotografia, gli strumenti sono diversi. Il metodo pittorico tradizionale, effettuato attraverso velature successive, con lenti e controllati passaggi di stesura di pigmento trasparente, che permette la resa di un panneggio, di una sfumatura su un viso, di un incarnato o di rendere la superficie dei vari oggetti, non è adatto per dipingere all'esterno. Dopo secoli la pittura raffinata dei pittori rinascimentali, usata ancora nel Neoclassicismo e nel Romanticismo da David, Ingres e Hayez è troppo lenta e assolutamente inadatta allo scopo che gli Impressionisti si prefiggono di raggiungere. Bisogna inventare una nuova tecnica di pittura: una giustapposizione di pennellate veloci, tocchi, picchiettature, trattini, macchie che caratterizzerà il segno di ognuno degli Impressionisti, quasi fosse la loro specifica calligrafia, ma fondamentalmente identificando un'identica modalità operativa. Ispirandosi ai tonalisti, il colore denso, pastoso e materico viene portato direttamente sulla tela grazie al pennello piatto (più tardi avvalendosi anche della spatola) senza dover fare moltissimi passaggi, per cogliere il più velocemente possibile il risultato finale. Ne deriva una pittura caratterizzata da macchie, estremamente materica, che stratifica il pigmento, sulla superficie della tela, in grumi conferendo alla percezione anche un senso tattile molto forte e d'impatto.

Alcuni temi sono prediletti rispetto ad altri per esempio le superfici d'acqua, le rive della Senna, spesso presenti nei quadri degli Impressionisti: sulla superficie dell'acqua si rispecchiano oggetti, case, alberi, persone che sono sulla riva, la cui immagine si suddivide in tante piccole macchie, esattamente come sulle tele degli Impressionisti.


6 regate ad argentuil

Claude Monet, Regate ad Argenteuil, 1872, olio su tela, 48×75 cm, Musée d'Orsay, Parigi.

 

Il colore locale

Molti elementi della pittura tradizionale vengono aboliti dalle innovazioni degli Impressionisti. Aboliscono il colore locale, argomento già studiato in precedenza da Constable20. Non esiste cioè un colore specifico per ogni oggetto, ma la superficie di un materiale si ottiene accostando colori puri (come aveva dimostrato Chevreul nei suoi studi sulla cromatologia).

Eliminano il disegno

Non esiste il disegno in natura. Nella realtà che ci circonda non esistono linee che circondano le forme che noi vediamo, come invece nella pittura tradizionale si era soliti fare. Se la pittura si pone l'obiettivo di rappresentare in maniera fedele la realtà, bisogna eliminare tutto ciò che è frutto di un'elaborazione intellettuale. Di conseguenza viene eliminata anche la prospettiva, elaborazione nata nel Rinascimento grazie ai primi studi di Brunelleschi, perfezionata da artisti come Paolo Uccello, Leon Battista Alberti, Piero della Francesca e molti altri. Artisti che avevano codificato un metodo di disegno geometrico che permettesse loro di rappresentare la realtà con estrema veridicità, ma assolutamente consapevoli che la loro invenzione era qualche cosa di assolutamente falso, una creazione intellettuale appunto, non la reale ed esatta trasposizione della realtà.

L'abolizione del disegno da parte dei pittori Impressionisti comporterà profonde problematiche e sarà uno dei motivi per cui il gruppo si scioglierà. Il disegno non è semplicemente il contorno che noi assegniamo intuitivamente agli oggetti, esso evidenzia un'elaborazione mentale presente in tutti noi (ancora prima degli artisti rinascimentali, dalle più antiche tracce di forme espressive lasciate dagli uomini primitivi che avevano dipinto per decine di migliaia di anni sulle pareti delle grotte, come ci dimostrano gli splendidi esempi di Lascaux21 e di Altamira22: forme essenziali e stilizzate ma estremamente espressive grazie alle potenzialità del disegno). I bambini di tutto il mondo, indipendentemente dalla cultura e dalla nazionalità, disegnano. E' qualche cosa che ci appartiene anche se non è presente fisicamente nella realtà che ci circonda, fa parte del nostro modo di vedere e di percepire, è una creazione della nostra mente. Il disegno influenza il modo con cui noi guardiamo le immagini, ci aiuta a percepire la profondità, la tridimensionalità, conferisce equilibrio alle immagini che noi osserviamo.

La xilografia23 giapponese

Una delle più importanti sfide che si prefiggono gli artisti dell'impressionismo è di trovare qualcosa che risolva i problemi dovuti all'eliminazione del disegno. Troveranno una risposta a questo problema nella pittura giapponese e in particolare nelle xilografia di cui alcuni esempi vengono importati proprio in quegli anni dal lontano oriente24. Che cosa aveva attratto l'attenzione di questi artisti in una tecnica e in una soluzione grafica così lontana dalla loro pittura ad olio? Essi erano stati colpiti dalla capacità di gestire i pesi, i pieni e vuoti, i bianchi e neri nelle incisioni di Hokusai25 e di altri grandi incisori del lontano oriente, semplicemente gestendo le forme e l'equilibrio nello spazio del foglio.

10 Katsushika Hokusai

Eliminano il bianco e il nero

Gli Impressionisti non utilizzano più il bianco e il nero per schiarire o scurire le tinte. Nella tradizione pittorica il bianco e il nero venivano utilizzati proprio per ottenere gli effetti chiaroscurali, rendere la tridimensionalità dei soggetti, con l'inconveniente di smorzare la saturazione e la forza del colore. Gli Impressionisti si prefiggono l'obiettivo di catturare il colore e la luce nella sua massima intensità, devono limitare tutto ciò che va in una direzione contraria. Il bianco e il nero verranno utilizzati se devono essere dipinti degli oggetti che hanno quel colore specifico: bianca è la neve, nero è il carbone, per fare due esempi banali ma non per schiarire o scurire, non per creare ombre o zone di luce.

Il tema è non è importante

Perché consideriamo così importante e rivoluzionaria l'arte impressionista? Perché oggi li consideriamo uno dei movimenti più importanti e fondamentali per la nascita dell'arte che caratterizzerà il secolo successivo? La trasformazione più importante che introducono nelle loro opere gli Impressionisti sta nel fatto che per loro il tema è assolutamente secondario. Ciò che per l'accademia era fino a quel momento il motivo principale per attribuire un giudizio di valore ad un'opera d'arte (il tema doveva essere storico, religioso, mitologico per poter dare un valore, e di conseguenza anche una ricaduta economica e commerciale, ad un'opera d'arte, trasponendo il valore estetico verso altri significati), viene escluso per la prima volta dagli impressionisti. “Il giudizio estetico è scevro di interesse“ diceva Benedetto Croce26. Il giudizio estetico ed artistico deve basarsi su caratteristiche peculiari: i valori formali. La bellezza del quadro è esattamente la stessa bellezza che noi possiamo provare di fronte a un tramonto, a un paesaggio naturale, o ascoltando un brano musicale, non dipende da altre componenti che gli sono estranee.

La stessa decorazione, che fino a quel momento era sempre stata considerata come qualche cosa di superfluo, aggiuntivo, acquista ora maggior importanza proprio perché collegata al valore della bellezza, anche nella nostra vita quotidiana.

La prima mostra degli Impressionisti

Il 15 aprile del 1874 viene inaugurata la prima mostra degli Impressionisti, che espongono con il nome di “Société anonyme des artistes peintres, sculpteurs, graveurs”. Alla prima esposizione partecipano: Claude Monet, Edgar Degas, Paul Cézanne, Camille Pissarro, Pier-Auguste Renoir, Alfred Sisley, Berthe Morisot. Sono giovani artisti, tutti esclusi dai salon. Per organizzare l'esposizione il gruppo affitta le stanze dello studio fotografico di Felix Nadar che da poco ha trasloccato.

Tra il pubblico che visita la mostra vi è anche il critico Louis Leroy che scrive di arte sul giornale Le charivari. Commentando i quadri esposti Leroy farà una critica fortemente negativa e in particolare prendendo spunto dal titolo di uno dei quadri di Claude Monet, ovvero “Impressione, levar del sole27”, definisce le tele non dei paesaggi ma al massimo l'impressione di un paesaggio. Ispirandosi a questa critica negativa il gruppo di giovani pittori sceglierà il nome di Impressionisti.

Le mostre degli Impressionisti sono otto e vanno dalla prima del 1874 all'ultima nel 1886. In seguito ognuno di loro continuerà la propria ricerca artistica e pittorica, seguendo strade diverse.


Note:

1Louis-Jacques-Mandé Daguerre (Cormeilles-en-Parisis, 18 novembre 1787 - Bry-sur-Marne, 10 luglio 1851).

2«conservare la configurazione del sole e della luna, guardati attraverso un foro di qualunque forma»

3Forma italiana del nome del matematico e fisico polacco Witelo (sec. XIII). Studiò a Parigi e a Padova. È famoso per il suo trattato di ottica, Perspectiva, più volte stampato nel Cinquecento, che riporta con pochi contributi originali gli studi di Alhazen.

4Leonardo di ser Piero da Vinci (Anchiano, 15 aprile 1452 – Amboise, 2 maggio 1519).

5Caravaggio, pseudonimo di Michelangelo Merisi (Milano, 29 settembre 1571 - Porto Ercole, 18 luglio 1610).

6William Henry Fox Talbot (Melbury, Dorset, 11 febbraio 1800 - Lacock Abbey, Wiltshire, 17 settembre 1877).

7Karl Heinrich Marx (Treviri, 5 maggio 1818 – Londra, 14 marzo 1883).

8Friedrich Engels (Barmen, 28 novembre 1820 – Londra, 5 agosto 1895).

9Sono i teorici del “socialismo scientifico” e del “materialismo dialettico”.

10I fratelli Auguste Marie Louis Nicolas Lumière (Besançon, 19 ottobre 1862 – Lione, 10 aprile 1954) e Louis Jean Lumière (Besançon, 5 ottobre 1864 – Bandol, 6 giugno 1948).

11Yellow Kid (soprannome del personaggio Mickey Dugan) è il protagonista della serie di strisce a fumetti "At the Circus in Hogan's Alley" scritta e disegnata da Richard Felton Outcault e pubblicata per la prima volta in bianco e nero nel giugno del 1894 sulla rivista Truth e successivamente, a partire dal 5 maggio 1896, a colori sul supplemento domenicale del New York World di Joseph Pulitzer. Inizialmente i personaggi si esprimevano attraverso frasi scritte all'interno di cartelli, mentre il protagonista aveva i dialoghi scritti sul suo lungo camicione. I primi balloons appaiono sulla tavola datata 10 novembre 1895 (a parlare sono un pappagallo e un bambino che vende fotografie). A partire dal 25 ottobre 1896 Outcault passò a realizzare la serie sull'American Humourist, supplemento domenicale a colori del New York Journal di William Randolph Hearst, principale concorrente del World. Proprio in questa data viene pubblicata la prima tavola dal titolo "The Yellow Kid and his new phonograph" in cui anche Yellow Kid si esprimerà attraverso un balloon. Il New York World continuerà anch'esso a pubblicare le storie del personaggio affidandolo al disegnatore George Luks. Entrambe le serie parallele terminarono nel 1898. Il grande successo popolare riscontrato da Yellow Kid ha dato origine alla moderna industria del fumetto.

12Richard Felton Junior Outcault (14 gennaio 1863 – 25 settembre 1928).

13Col nome di Belle Époque si indica il periodo storico, socio-culturale e artistico europeo che va dall'ultimo ventennio dell'Ottocento all'inizio della Prima guerra mondiale.

14Michel Eugène Chevreul (Angers, 31 agosto 1786 – Parigi, 9 aprile 1889).

15James Clerk Maxwell (Edimburgo, 13 giugno 1831 – Cambridge, 5 novembre 1879).

16Odgen Nicholas Rood (Danbury, Connecticut, 3 febbraio 1831 – Manhattan, 12 novembre 1902).

17Isaac Newton (Woolsthorpe-by-Colsterworth, 25 dicembre 1642 – Londra, 20 marzo 1726).

18Sigismund Schlomo Freud, noto come Sigmund Freud (Freiberg, 6 maggio 1856 – Hampstead, 23 settembre 1939).

19Ferdinand Victor Eugène Delacroix, più semplicemente noto come Eugène Delacroix (Charenton-Saint-Maurice, 26 aprile 1798 – Parigi, 13 agosto 1863).

20John Constable (East Bergholt, 11 giugno 1776 – Londra, 31 marzo 1837).

21LASCAUX - Località della Francia meridionale nella valle del fiume Vézère in Dordogna, nota per una grotta, detta "la cappella Sistina della Preistoria".

22La grotta di Altamira è una caverna spagnola famosa per le pitture parietali del Paleolitico superiore raffiguranti mammiferi selvatici e mani umane. Si trova nei pressi di Santillana del Mar in Cantabria, 30 chilometri ad ovest di Santander, nel nord della Spagna. È stata inclusa tra i Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO nel 1985. Nel 2008 il nome del patrimonio è stato modificato da "Grotta di Altamira" in "Grotta di Altamira e arte rupestre paleolitica della Spagna settentrionale" in seguito all'aggiunta di 17 altre grotte.

23La xilografia, o silografia, è una tecnica d'incisione in rilievo in cui si asportano dalla parte superiore di una tavoletta di legno le parti non costituenti il disegno. Legni incisi per le stoffe esistevano già in Egitto, adottate dai Copti nel V e VI secolo d.C. La tecnica è di origine cinese e le prime stampe su carta risalgono all'VIII secolo d.C. L'incisione ebbe poi grandissimo sviluppo con l'invenzione e la diffusione della carta. In Europa fin dal XIV secolo si producono le prime xilografie.

24La metà del XIX secolo vede, infatti, la fine dell’isolamento medioevale del Giappone determinato dalla politica denominata sakoku: nel 1864, la flotta statunitense minaccia di aprire il fuoco dei cannoni nella baia di Tokyo, obbligando il paese ad aprire le frontiere e i porti agli scambi commerciali. Le preziose porcellane e il tè stivato nelle navi proveniente dal Giappone venivano protetti e imballati con le prove malriuscite delle stampe della scuola pittorica giapponese Ukiyo-e – termine tradotto con immagini del mondo fluttuante – e alcune di loro finirono nelle mani di artisti europei che ne rimasero affascinati.

25Katsushika Hokusai (Edo, ottobre o novembre 1760 – Edo, 10 maggio 1849).

26Benedetto Croce (Pescasseroli, 25 febbraio 1866 – Napoli, 20 novembre 1952).

27Claude Monet, "Impressione, levar del sole", 1872, olio su tela, 48×63 cm, Musée Marmottan Monet, Parigi.