MAX BUNKER

Intervista pubblicata sul numero 1 dello Sciacallo Elettronico, in rete a partire dal dicembre del 1995.

Luciano Secchi, alias Max Bunker, lo vediamo dal vivo, per la prima nostra volta, a Milano, durante Cartoomics. Anzi, la MBP, Max Bunker Press, aveva lo stand esattamente davanti al nostro... Tanto che lo scambio di razzetti, palline di carta masticata, nastri di musica più o meno delirante è stato, con Riccardo Secchi (figlio di Luciano), estenuante!

Max Bunker è comparso in una sola giornata, iper-indaffarato, iper-veloce, molto milanese. Molto ma molto più magro e deciso di come uno se lo immaginerebbe pensando alle interpretazioni che ne ha dato Magnus nei vecchi Alan Ford. Ha rilasciato una conferenza stampa, poi è scappato... Abbiamo avuto giusto il tempo per strappargli il consenso per un' intervista. Senza grossi problemi, bisogna dire. E' una persona affabile e disponibile. Nei limiti del tempo che ha disposizione...

Infatti, ahinoi, nel giorno fissato per l' incontro nella sede della MBP, un impegno improvviso lo ha costretto alla partenza...

Lo ringraziamo comunque per la gentilezza che ha dimostrato: ci ha risposto per iscritto alle nostre 15 domande. I testi sono stati scambiati via fax. L' intervista risente dunque della "secchezza" o meglio, della concisione imposta dal mezzo di comunicazione. Ma concisione e soprattutto schiettezza si addicono perfettamente al personaggio. Eccovi dunque le righe scambiate con Max Bunker, incentrate sul suo ruolo in qualità di autore, come vuole il tema dominante di questo numero uno dello Sciacallo.

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Sciacallo: Lei viene descritto e raccontato come appassionato lettore di fumetti da subito. Non solo: i suoi primi impieghi si muovevano in un ambito fumettistico/pubblicistico (apprendista al Corriere Lombardo, traduttore di Flash Gordon...). E' vero, tutto questo? Quando e su cosa è nata la sua passione? E, soprattutto, lei è partito fin da giovane con la precisa volontà di fare il lavoro che poi ha fatto?

Max Bunker: Come nasce una passione? Nasce! I fumetti mi hanno catturato subito, li divoravo e mi sarebbe piaciuto passare da fruitore a produttore, ma non avevo la minima idea di come fare. L' opportunità la presi al volo quando mi si presentò l' occasione di tradurre Gordon Flash. Poi ne feci la mia professione.

S: All'epoca di Satanik e Kriminal, il suo nome, in qualità di autore (sceneggiatore) comincia ad avere visibilità. Letteralmente "appare" sulle riviste, mentre prima questo era un privilegio (vezzo?) di pochi (p.es. Gian Luigi Bonelli). A cosa si deve la sua scelta di essere autore visibile? Vanità? Consapevolezza (magari in base a ciò che si vedeva fuori dall' Italia) che "era tempo"? Considerazione per la figura (senz' altro allora trascurata) dell' autore?

MB: Bisognerebbe chiedere agli altri, a quelli che non firmavano i propri lavori. Io ho ritenuto doveroso dare una paternità ai miei parti.

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S: A questo proposito: a Cartoomics abbiamo sentito una sua risposta tagliente a chi le stava cominciando a chiedere qualcosa sul fumetto "d'autore". Ci è sembrato che già la semplice definizione la irritasse. E' così? Ha forse patito, da parte della "critica", una ingiusta "degradazione" di alcune sue opere al genere "popolare" (inteso da quelli in senso dispregiativo) e questo l' ha resa irascibile sull' argomento? O si tratta proprio di una questione di principio, di concetto: trova sbagliata la distinzione tra fumetto d' autore e fumetto popolare?

MB: Non era tagliente, ma ironica (ma l' ironia è spesso tagliente). Facevo notare come la definizione "fumetto d'autore" fosse impropria in quanto un fumetto ha sempre un autore. Potrà essere scarso, modesto, scialbo, ma lo ha. Il fumetto è fumetto e le sue origini sono popolari, poi può diventare oggetto di culto ed il suo autore incensato, ma non può nascere come prodotto elitario. Sarebbe una sciocca presunzione. Lo stesso dicasi per la qualifica di "sceneggiatore", unita spesso a quella di "soggettista". Lo sceneggiatore è quello che divide la storia in sezioni, in quadri progressivi. Il soggettista è quello che scrive la storia. Se sono tutt'uno, come nel mio caso, il termine appropriato è "autore". Tout court.

S: Lei trova in generale, per qualsiasi prodotto "mediatico" (dalla letteratura ai programmi televisivi), insensata una divisione tra materiali "che danno alla gente solo quel che vuole" e materiali che tentano un'operazione culturale più elevata?

MB: Capire cosa vuole esattamente il pubblico è segno di notevole acutezza, e comunque perchè escludere che si possa fare un' operazione culturale nell' ambito di un discorso popolare? Popolare non significa incolto.

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S: Con le domande poste sopra, non intendiamo assolutamente sottintendere che i suoi fumetti appartengano, nella nostra opinione, al genere "nazional-popolare". Anzi. Noi siamo convinti che, per esempio, Alan Ford abbia positivamente segnato il senso dell' umorismo di una generazione. Modi di dire, atteggiamenti, gusto per il grottesco, molti li hanno imparati proprio lì. Se n'è mai reso conto? Come si pone al riguardo?

MB: Io invece sono fiero, fierissimo se i miei fumetti vengono definiti "nazional-popolari". Io non sono nato titolato e, ribadendo un concetto già espresso prima, un discorso popolare può essere benissimo anche intelligente. In quanto all' humor di Alan Ford e il contagio che ne è seguito, è chiaro che ne sono soddisfatto. Fare ridere (con seguente meditazione) è un' impresa non alla portata di tutti.

S: Con Satanik e Kriminal lei inventò "il comico/grottesco nel drammatico". Fu un' operazione consapevole o meno? Se si, da dove le venne l' idea di farlo?

MB: Era il mio spirito che chiedeva spazio. Gliel' ho dato.

S: tornando al fumetto "autoriale": abbiamo letto che lei pubblicò su Eureka fumetti (con disegni di Piffarerio, Verola e Chies... in particolare un certo "Virus Psik") che erano adattamenti di opere letterarie... Ce lo può confermare? Questa poi sembra la tipica operazione culturalmente "alta": esiste quindi una sua relazione col fumetto elitario!! Di che si trattava?

MB: Sulla rivista "Eureka", da me fondata, scrissi diversi racconti sul genere "ai confini della realtà" che un critico definí "parapsicologici", disegnati da Chies, Piffarerio, Verola e altri. Con Chies feci anche la rielaborazione moderna di classici "appesantiti" dal peso che il termine "cultura" sempre infonde, come "Edipo Re" (che nella mia versione era un cantante rock), "I dolori del giovane Werther" (che feci violinista in piena solitudine in una metropolitana) e tanti altri. Virus Psik era un' analista tramite la quale ironizzavo sui costumi dell' epoca. Una satira sociale talvolta feroce che ha anticipato di parecchio quella che c' è ai giorni nostri.

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S: C' è stato tutto un movimento, negli anni 80 italiani, di fumetto molto intellettuale: il gruppo di Valvoline (Brolli, Carpinteri, Mattotti etc), quello di Frigidaire (Liberatore, Tamburini, Scozzari, Pazienza) e i vari fratellini (Giacon, Palumbo, Ghermandi etc). Che ne pensa di questa gente e di quello che hanno tentato di fare?

MB: Ho sempre il massimo rispetto per ogni genere di iniziativa e sono sempre cauto nell'esprimere giudizi sul mio prossimo. Un plauso comunque non ci sta male.

S: Per finire con questa faccenda del fumetto "d'autore": la nostra rivista si propone proprio come spazio franco, reso immune da necessità commerciali, per autori che nascono sulla scia di quel movimento citato al punto precedente. O comunque per chi, oggi, in Italia, fa ottimi fumetti ma, per così dire, "noncommerciali". Facciamo del bene o facciamo del male? Fomentiamo sogni irrealizzabili e produzioni autoindulgenti o aiutiamo talenti a venire alla luce?

MB: La passione può fare tutto. L' entusiasmo ci porta a fare cose talvolta impensabili. Se si possono ignorare le necessità economiche, che altro si vuole? E' il volo di un uccello verso il sole!

S: Torniamo a lei. Una domanda di rito per ogni scrittore: quanto (e dove!) ha messo di autobiografico, nei suoi fumetti? Quel che ha messo le è servito, come per la maggior parte degli scrittori, per "liberarsi" di qualcosa? Dire qualcosa che le premeva?

MB: Niente.

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S: Il fatto che oggi stia uscendo un nuovo progetto di Riccardo Secchi anzichè suo significa che passa il testimone?

MB: No.

S: Lei è un autore molto prolifico: un gran numero di personaggi, in epoche diverse, molti di gran successo. Qual' è il tipo di personaggio adatto al mercato di oggi? Perchè certi personaggi che sembrano adattissimi al mondo d' oggi, poi non funzionano (vedi SprayLiz)? E se ha tutte le risposte: perchè non fa l' Alan Ford degli anni 90?

MB: Le opinioni sono tutte teorie che possono esistere anche in contrasto l'una con l' altra. Con la pratica poi il discorso cambia. Prendiamo gli ultimi quarant'anni di vita del fumetto italiano, quelli della grande svolta che ebbero in Kriminal il portabandiera. Gli anni '60 furono caratterizzati dai fumetti "neri", ovvero Kriminal, Satanik e Diabolik, gli anni '70 da Alan Ford, gli anni '80 da un pauroso vuoto, gli anni '90 da Dylan Dog. Ogni decennio in genere ha un suo emblema che riflette anche un diffuso atteggiamento. Chi sarà nel 2000?

S: (la domanda che, in un'intervista dal vivo, ci avrebbe fatto cacciar fuori a pedate!! ndr) Da vecchi fan di Alan Ford col cuore spezzato, pur avendola sentita decine di volte... ci può raccontare di nuovo il come e perchè della rottura con Magnus? E quali sono stati nel corso degli anni, fino ad arrivare ad oggi, i suoi rapporti con lui?

MB: Uff... (sbuffo di noia). Nessuna rottura., solo un sodalizio artistico giunto al termine. Nel campo dell' intrattenimento è successo varie volte, da Mogol-Battisti nella musica a Jerry Lewis e Dean Martin nel cinema, per citarne alcuni. Il sodalizio Magnus & Bunker durò dieci anni, irripetibili, anni frizzanti e stimolanti. poi Magnus prese ad avere a noia di fare sempre la stessa cosa ed essendo un vero artista desiderava evolvere la sua espressività facendo cose per conto suo. E ha fatto cose stupende. I nostri rapporti sono improntati a reciproca stima e affetto.

S: Dai vecchi Satanik e Kriminal ai nuovissimi Kerry Kross e Gabriel, le sue pubblicazioni fanno spesso "rumore". Lei cerca apposta il clamore (scegliendo personaggi bene o male capaci di "scandalizzare") o è una persona naturalmente clamorosa, a suo agio con quanto non viene ritenuto "normale"?

MB: Questa non è una domanda, è una facezia.

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S: Ieri, al telefono, ci diceva che, bene o male, si aspettava anche da questa intervista le solite domande: è perchè ritiene il mondo del fumetto italiano particolarmente privo di fantasia o perchè pensa che di lei si abbia una visione cristallizzata, distaccata dalla realtà... cioè che si sia fatto diventare Max Bunker una figura leggendaria e dunque dai contorni già raccontati e ben definiti?

MB: Cogito, ergo sum.


N.D.R. E beh, care lettrici & lettori, questo è quanto. Non aggiungiamo nessun commento, sarebbe inutile e pure scorretto nei confronti dell' intervistato, che non potrebbe ulteriormente replicare. Gli unici che ci concediamo sono un "ma guardi che no, qui siamo serissimi!" per la penultima risposta ed un bel "boh???" per l' ultima!