Dave McKean

Commistioni e clonazioni

I programmi di fotoritocco e painting digitale permettono di miscelare fotografie, disegni, grafica e segno pittorico in una fusione unica ed omogenea. La citazione, tanto amata nella cultura contemporanea, estrapolata dall’enorme bagaglio culturale della nostra società, in cui è già stato detto e visto tutto, viene assimilata dal software bitmap, diventa clonazione, si integra spazialmente e concettualmente, muta e si evolve per divenire forma nuova, frutto della creatività.

Il sistema digitale è lo strumento perfetto di questa operazione di campionatura. L’oggetto, nell’Arte del secolo appena trascorso, perdeva i suoi significati quotidiani attraverso i ready-made duchampiani, le riflessioni di René Magritte prima e quella degli artisti concettuali poi, fino alle riflessioni estetiche della Pop Art. Oggi è soprattutto il messaggio della comunicazione di massa da oggetto a divenire segno: depauperato dei suoi significati intrinseci, assunto come pura forma visiva, si commistiona con altri segni, tracce di un’esistenza, assume il ruolo di icona vuota che rimanda a tabulazioni ed emozioni sconosciute, astrali. In una società dove la notizia massmediatica è talmente veloce da perdere significato a pochi minuti dalla sua proliferazione, la campionatura dei suoi segni non può che rendere atto alla povertà dei contenuti, alla caduta dei valori, cercando estetiche nuove nella fusione dei suoi stessi alfabeti. Si intuisce, nei vocaboli vuoti, un valore primordiale, assoluto, forse dimenticato, e nella loro somma, nella loro alchemica fusione, si tenta di riportare alla luce pietre filosofali irrimediabilmente perdute.
In qualche modo queste icone ci redimono, assumono un ruolo catartico e religioso, vivono del fascino del nostro rifiuto, del riciclaggio che assilla le nostre città; ci rincuorano, rassicurano, suggeriscono un inedito stile di comunicazione, che non parte dai contenuti, ma dai suoi contenitori, per suggerire una strada nuova di fronte alla perdizione dei valori, allo sbaraglio della logica razionale. Commistioni e clonazioni sono una riflessione sulla nostra cultura che non sa comunicare, tentando di trovare nel suo intimo i valori su cui costruire il domani. Di tutto ciò il mezzo digitale è strumento, causa e forse, speriamo, redenzione.

mckean1

 

Dave McKean: il guru della “Photoshop generation”

Dave McKean è l’esempio più eclatante e rappresentativo della commistione visiva che si è diffusa nella nostra società. Uno dei suoi più importanti demiurghi. La formazione del suo stile si è evoluta e completata grazie all’uso delle tecnologie, tanto da divenire il “metodo” di usare il software. Dave McKean utilizza programmi di fotoritocco come Photoshop, di pittura digitale come Painter, di video montaggio come Premiere o After Effects, supera le loro funzioni di base, per andare oltre, miscelando l’uso stesso dei software, alla ricerca di una forma estetica, che proviene dall’anima e non dal mouse. L’artista componeva le sue prime illustrazioni su carta con collage, segni e ritagli, amalgamando tecniche e metodologie pittoriche. Ora fa la stessa cosa usando elementi digitali e software di computer grafica. In questi programmi l’illustratore trova gli strumenti ideali per concretizzare le sue commistioni, usa il computer come se fosse un’estensione naturale del suo tavolo di lavoro, sul quale sono appoggiati i pennelli, i vasetti di colore, la colla e le forbici della fantasia.
Il suo lavoro muove i primi passi nel mondo del fumetto ma diventa subito qualcosa d’altro, arrivando ad influenzare la creatività di tantissimi artisti che riprenderanno le sue sperimentazioni nei più disparati campi della grafica e della comunicazione. Dave McKean ha creato una nuova estetica, indicando la strada per fare elaborazione digitale.


Un linguaggio oltre i generi

Nel curriculum professionale di Dave McKean vi sono lavori di fotografia, design, grafica, illustrazione, fumetto, video e film. Nel corso della sua attività ha illustrato oltre centocinquanta copertine di CD (Assembly, Tori Amos, Alice Cooper, solo per ricordarne alcuni), ideato numerosissime campagne pubblicitarie (Nike, Kodak, Eurostar, BMW, Mini, tra i più famosi), pubblicato con quotidiani e magazine internazionali (New Yorker, Playboy, Blur), realizzato progetti video ed editoriali (Sinclair, The Rolling Stones), collaborato alla realizzazione di film (Alien 4, Blade) e gestito l’etichetta discografica Feral Record, in società col sassofonista Ballamy. Una carriera che definire magmatica potrebbe sembrare riduttivo!

mckean2

 

Commistione come professione

Possiamo definire il suo lavoro? Possiamo catalogare il suo operato in base ai software o alle scelte esecutive? Al massimo possiamo tentarne una fredda e distorta suddivisione della committenza per cui i suoi lavori sono state realizzati. Il vero obiettivo, il vero linguaggio che Dave utilizza, è un altro. Nel suo caso non si può parlare di fumetto, illustrazione o grafica, ma di qualcosa di nuovo, uno stile unico che comprende e supera tutte le etichette conosciute (come sempre troppo settoriali). Il più riuscito tentativo, fino ad ora mai realizzato, di trovare una risposta artistica al molteplice dilatarsi della rete della comunicazione mass-mediatica contemporanea.

Dave McKean definisce il proprio lavoro con consapevolezza ed umiltà, qualità rare, che rispecchiano il suo animo creativo: “Io non faccio arte. (…) L’arte è una reazione del tutto personale (…). Ci sono tante personali definizioni quanti gli esseri umani sul nostro pianeta. L’arte ci definisce come individui, è il nostro schedario. L’arte, ritengo, è una conversazione continua. Un dialogo. Come la definizione e ridefinizione del mondo fisico, diverse persone che lanciano le proprie idee sul tavolo, teorie, risposte, domande e problemi. E col passare del tempo queste idee vengono passate al setaccio, analizzate, discusse, ridicolizzate, rispettate e catalogate. E col lento passare del tempo, tutte queste voci iniziano a dar forma alla loro storia dell’arte. (…) I miei fumetti hanno guardato sempre più in là del mezzo espressivo in sé, non mi sono limitato ad aggiungere un nuovo strano trucco a una forma già provata e testata. Sto cercando di trovare un nuovo linguaggio per fare film, scaturisce dai fumetti che ho fatto, qualcosa di meno letterale, qualcosa di non così pedantemente descrittivo e appesantito dall’onniveggente occhio fotografico. Qualcosa di più illusorio. (…) Credo che l’unica cosa che l’arte possa davvero fare è mostrare un gradino evolutivo che l’uomo deve salire. Un gradino empatico. Dobbiamo vedere con gli occhi degli altri per sopravvivere. Questo aggiornamento del software è fondamentale, si sovrascrive al “gene egoista”, e l’arte può fornircelo. Se il cibo fornisce energia per il corpo, allora l’arte fornisce energia per il cervello.”

Dal catalogo “Narcolepsy” – Hazard edizioni.


La metamorfosi del fumetto

Nel campo del fumetto Dave McKean ha dato vita a diversi capolavori, come l’avvincente “Black Orchid” (1998) e il romanzo grafico di Batman “Arkham Asylum” (1989), che lo imposero all’attenzione del pubblico e della critica per l’innovativa forza comunicativa: un’inedita modalità di raccontare utilizzando tecniche pittoriche e una scansione narrativa evocativa, dinamica, giocata su tagli deformanti. In “Arkham Asylum" i testi di Grant Morrison e le sperimentali vignette di McKean, trasportano il lettore in un viaggio allucinato ed allucinante, che gettano una nuova luce sulla figura super-eroistica del cavalliere oscuro difensore di Gotam city. In quelle prime magnifiche illustrazioni di McKean germinvano già tutti gli elementi che caratterizzeranno la sua evoluzione più matura. Prima di lui Bill Sienkiewicz aveva proposto uno stile fortemente rivoluzionario, pittorico, per raccontare una storia a fumetti (Stray Toasters, Elektra Assasin). Ma forse McKean, grazie anche alla duttile e tenebrosa figura di Batman, riesce a cogliere una marcia in più, ad aprire una nuova strada e, cosa ben più difficile, a dimostrare che è percorribile.

meckean3

 

L'incontro con Neil Gaiman

Il 1986 è l’anno a cui risale l’importante incontro con lo scrittore Neil Gaiman. Al suo fianco, McKean disegna le copertine (poi raccolte nel volume Sandman Dust Covers) di un’altra serie a fumetti che diventerà un cult d’eccezione: “Sandman”. Le metamorfosi con cui Dave apre queste storie immergono il fruitore in un mondo di sogni e visioni straordinarie, forti e drammatiche, sentimentali ed intimistiche, come i ricordi perduti che Gaiman cerca di far risorgere con i suoi personaggi estratti dalle strade affollate e dalle periferie delle metropoli. Ma è soprattutto illustrando i successivi racconti di Gaiman che la collaborazione fra i due autori diviene più incisiva: “Violent Cases” (1987), “Signal to Noise” (1992), “Mr.Punch” (1994) che riprende uno dei personaggi più classici della letteratura inglese, e i tre libri per bambini “The day I swapped my dad for two Goldfish” (Il giorno che scambiai mio padre con due pesci rossi – 1997), “Coraline” (2002) e “The wolwes in the wall” (I lupi nei muri) sono solo alcuni importanti episodi di un sodalizio di grande respiro artistico.

Cages


Il romanzo a fumetti “Cages”, 1998, una delle più ambiziose e complete opere nella storia dei comics è una svolta decisiva. McKean si cimenta sia ai testi che ai disegni e riversa tra le vignette tutta la sua personale concezioni dell’arte e della vita. Abbandonati in questo caso i montaggi e le elaborazioni fotografiche, l’autore racconta servendosi di due colori e di una discreta linea di pennello, riservando al colore, presente solo sporadicamente, il compito di dare intensità ai momenti-chiave della narrazione. La sintesi grafica e la bicromia, impaginati in una gabbia compositiva di nove riquadri sempre identici, portano il linguaggio fumettistico ad infrangere le sue stesse regole per suggerire altri possibili sentieri narrativi. E’ la forza del segno a diventare primo attore, a connotare un genere ibrido come quello del fumetto, di una forte letterarietà. Ma nello stesso tempo riempiendolo di regia, effetti cinematografici, montaggi grafici e ritmi narrativi che scaturiscono come un vulcano in piena dalla mente creativa di McKean, senza mai strafare, ma anzi raggiungendo la perfetta sintesi necessaria al messaggio da trasmettere, al racconto da trasporre in pura comunicazione visiva.

meckean4


La quarta dimensione

Dopo “Cages”, la produzione di Dave McKean diviene ancora più prolifica e diversificata, spingendosi a fondo in ogni campo da lui esplorato. Nel video digitale trova la quarta dimensione per dar vita alle sue illustrazioni evocative e surreali. Lo stile è sempre lo stesso, ma l’effetto ancora più coinvolgente. Ogni segno visivo si anima e assume una dinamica propria: scritte, grafica, fotografie, pittura, riprese filmiche divengono magicamente un’unica forma visiva attraverso video-montaggi realizzati con software come After Effects. Ha diretto cortometraggi e video (The week before, Neon, Lowcraft, Izzy, Raindance, Buckethead, Una Furtiva Lagrima, My Love is like a Red, Red, Rose, Raindance, BBC Sonnet 138), telefilm (The Falconner, Asylum), progetti cinematografici, inclusa una versione cinematografica di “Signal to Noise” e di “Mirror Mask”, il suo primo lungometraggio, realizzato per la Jim Henson Company.
Le sue opere sono state esposte in importantissimi musei in USA ed Europa: alla Four Colour Gallery a New York, al Museo di Arte Contemporanea di Madrid e al Maritime Museum di Carlisle.


Il segno digitale

Nel 1993 McKean, che proviene da una solida formazione accademica nell'ambito della pittura e della fotografia, dimostrata per anni lavorando mescolando sistematicamente tecniche artistiche, supporti e materiali, non poteva certo trascurare un mezzo dalle mille potenzialità come il computer. Così, seppur scettico e indeciso, decise di acquistare un Apple Macintosh.

“La mi teoria é che avrebbero dovuto esserci molte piú Polaroid, ma poi accadde l'impensabile e Dave si compró un computer.” (Neil Gaiman)

Prima di posare la sua mano sul mouse, la tecnica di McKean era il collage: oggetti trovati, fotocopie a colori, incollate e rovinate, ricorrendo a volte persino a bruciature.

“Credo che fosse stata la scoperta che avrebbe potuto combinare con estrema facilitá teschi e lapidi che convinse Dave a darsi al computer” (Neil Gaiman)

“La cosa che più mi piace nel fare pittura e creare immagini é rovinarle, renderle più naturali. Come quando prendi un pezzo di legno... e più lo lasci a seccare o fuori sotto la pioggia, più questo diventa interessante. I computer tendono a non fare questo. Generalmente producono immagini patinate e perfette. Mi piace quella specie di mistero... quando tutto é a fuoco, sai esattamente cos'hai di fronte, ma se é tutto un po' sfocato ai margini e un po' indistinto, ti da più libertà d'interpretazione.” (Dave McKean)

Articolo di Marco Feo.

Immagini dal catalogo "Narcolepsy", copyright © 2003 Hazard Edizioni – Dave McKean

 

Articolo di Marco Feo.

Immagini dal catalogo "Narcolepsy", copyright © 2003 Hazard Edizioni – Dave McKean

 


Ulteriori approfondimenti:

Dave McKean   -   www.davemckean.com

Hazard Edizioni   -   www.hazardedizioni.it


Galleria immagini