Katsushika Hokusai

Katsushika Hokusai (1760 – 1849) è un artista fondamentale dell'arte giapponese. Grande maestro della stampa, eccellente pittore, grande interprete della spiritualità dell'anima del Giappone.

Figura di spicco nella cultura giapponese, buddista e shintoista, personaggio eccentrico, amante della libertà e incapace di inquadrarsi in un sistema di pensiero schematizzato. La sua grande produzione artistica dura più di settant'anni e ci lascia dipinti, disegni, incisioni, libri illustrati, manuali didattici volti a trovare l'essenza della pittura del disegno. Il suo stile non segue le mode dei suoi contemporanei, piuttosto sa abilmente attingere e miscelare tra di loro tecniche giapponesi, cinesi e occidentali.

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Il suo stile e la sua ricerca pittorica hanno fatto scuola a filoni artistici orientali ed occidentali. I suoi lavori incominciano ad essere conosciuti in Occidente grazie al celebre critico d'arte Théodore Duret (1838-1927) che scoprì gli album di disegni di Hokusai, durante un viaggio che effettuò in Giappone nel 1871. Quelle stampe conosciute poi dagli amici di Duret come Édouard Manet e il gruppo dei pittori Impressionisti, diventeranno uno dei punti di riferimento per lo sviluppo della pittura moderna. In un celebre ritratto che Manet dedica allo scrittore Emil Zolà nel 1868 il pittore dipinge sullo sfondo una serie di quadri fra cui il suo famoso "Olympia" e alcuni quadri di Hokusai. Ma cosa trovavano di così interessante i pittori impressionisti, immersi nella loro pittura en plein air alla ricerca della luce più vera, attratti da percorsi d'acqua, paesaggi fioriti, balli e feste parigine, riportati sulla tela con una tecnica veloce, immediata, materica e corposa, fatta di tanti puntini luminosi, ebbene cosa trovavano di interessante nei disegni di Hokusai, apparentemente così distanti dal loro stile, disegni piatti e spesso realizzati con la xilografia, con solo uno o due colori? Forse la capacità di descrivere spazi e figure senza l'ausilio della prospettiva rinascimentale, senza ricorrere ad una costruzione geometrica, ma sapendo gestire l'equilibrio del foglio grazie a sapienti macchie e al loro peso visivo. Figure e spazi bianchi del foglio, pieni e vuoti tipici dei giardini orientali (perfetti come la loro ghiaia bianca e le pietre nere), che lasciavano al fruitore la possibilità di immaginare e costruire ciò che l'occhio non vede, senza che il pittore lo disegni.

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Edouard Manet (1832-1883), "Emile Zola", 1868, olio su tela

 

 Le stampe portate in Francia da Théodore Duret sono ora custodite al Dipartimento Stampe e Fotografia della Bibliothèque nazionale de France, che possiede una delle più prestigiose collezioni di libri illustrati giapponesi dell'epoca di Edo (1600-1868). Vi sono raccolti preziosissimi esemplari di stampe a caratteri mobili ed edizioni di testi letterari dell'inizio del 17º secolo, con incisioni colorate a mano e albi xilografici. Oltre 150 titoli sono dedicati alle opere illustrate del pittore di scuola ukijo-e Katsushika Hokusai.

 Inizialmente l'artista giapponese realizza questi fogli come semplici studi per i suoi lavori pittorici. Bozzetti realizzati velocemente, senza un apparente ordine, schizzi per studiare le forme di uomini, animali, oggetti o paesaggi. Questi lavori diventano interessanti per i suoi allievi come materiale di studio e per artigiani ceramisti e orefici che partivano dai suoi disegni per realizzare i loro prodotti di commercio. Sono per la maggior parte soggetti di piccole dimensioni, tre o quattro cm di grandezza nel foglio da disegno, apparentemente disposti a caso sulla pagina. Molto più definiti ci appaiono invece i paesaggi che solitamente occupano il foglio intero. Pian piano durante la sua attività di ricerca pittorica, questi bozzetti diventano molto numerosi e in essi Hokusai dimostra una grandissima abilità esecutiva e una grande capacità di sintesi grafica. Capacità che gli permettono di saper gestire con pochi tratti di disegno, l' equilibrio della pagina, i bianchi e i neri, il segno grafico e cromatico che tanto ammiravano in lui gli impressionisti. La linea che scorre sul foglio diviene una forma di equilibrio rispetto al contrasto che regna tra caos ed ordine, tra crepuscoli ed aurora, tra notte e giorno nel creato, tra tutti gli opposti che nella natura si rigenerano ogni giorno. Dinamica e statica, primo piano e sfondo, pieno e vuoto, assenza e presenza trovano la sintesi perfetta nei fogli di Hokusai.

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Lui stesso amava definirsi “gakyojin” (maniaco del disegno), la sua vita infatti sarà dedicata alla realizzazione di una mole impressionante di studi e bozzetti riguardanti i più disparati elementi della vita giapponese. La vita e l'arte per lui erano un'unica cosa, un'unica ricerca estetica. Il disegno è una forma di analisi della realtà, uno strumento scientifico in linea con le evoluzione tecniche e tecnologiche delle scienze a lui contemporanee (come aveva fatto qualche secolo prima Leonardo da Vinci).

Hokusai  passa dai primi veloci bozzetti didattici ad un vero strumento di indagine sul mondo, a cui dava un'interpretazione assolutamente personale e soggettiva. Spesso carica di ironia e di humour. Scene caricaturali, espressioni piccanti o grottesche, smorfie, inquadrature sconvenienti. Nessun soggetto era per lui tabù o poco degno d'esser ritratto ed interpretato. Arrivando a disegnare con naturalezza addirittura gli organi genitali femminili.

Amava documentare i gesti più semplici della vita, non quella dei nobili, piuttosto della gente comune: contadini nei campi, pescatori, soldati, cortigiane, artigiani alle prese con i minimi gesti quotidiani, con i loro strumenti di lavoro, intenti nei loro gesti ripetuti mille volte che diventano l'alfabeto della giornata, il lento ed immutabile scandire delle ore. Capace di cogliere e descrivere con precisione e sintesi i tratti somatici e caratteriali, le posture, gli atteggiamenti che rendono suggestive e significanti le sue illustrazioni. Grandissima attenzione alla fauna e alla flora: dalle montagne al mare, dalle campagne alle lande più desolate in tutte le possibili situazioni atmosferiche: con il sole, con il vento, con la pioggia e con tutti i cambiamenti stagionali. Altri disegni sono dedicati i rapporti tra architetture e paesaggi, sempre alla ricerca di quel fragile rapporto fra uomo e natura, fra disegno e pagina bianca. E poi i temi mitologici, leggendari, religiosi, storici, favole popolari, superstizioni, creature mostruose, fenomeni sovrannaturali.

Tutto questo per riuscire ad arrivare alla massima espressività con il minimo dei mezzi e delle linee. La sua opera è un'inestimabile dizionario della società giapponese di quegli anni.

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Proprio dal lavoro di Hokusai nasce il termine "Manga" (l'ideogramma man definisce una cosa priva di seguito, frammentaria, confusa o destrutturata, spontanea fermentante, anarchica; mentre l'ideogramma ga significa disegno). I suoi "manga" sono una serie di quindici volumi pubblicati tra il 1814 e il 1878, costituiti da oltre 800 pagine e 4000 motivi figurativi.

Tra le sue opere più famose ricordiamo le 36 vedute del Monte Fuji, le vedute dei ponti famosi, le cascate di varie province.

 Il primo volume dei manga fu pubblicato nel 1814 dall'editore Eirakuya di Nagoya, poi distribuita a Tokio dall’ editore Kakumaruya. Probabilmente la prima raccolta è stata realizzata da un gruppo di suoi allievi, mentre il maestro Hokusai soggiornava a Nagoya, nell'autunno del 1812, presso il pittore Bokussen, anch'esso suo allievo.

Visto il successo della pubblicazione si decise di pubblicare l'intera sua opera di disegni in dieci volumi, dal 1815 al 1819, secondo questa successione: nel 1315 si stampa il secondo e terzo volume, nel 1316 il quarto e il quinto volume, nel 1817 il sesto e settimo volume, tra il 1818 e il 1819 l'ottavo volume, nel 1819 il nono e il 10º volume. Visto il successo riscosso dalle opere di Hokusai nello stesso periodo vengono pubblicati anche alcuni manuali didattici specificatamente dedicati all'arte del disegno e della pittura. Dopo una pausa durata una decina d'anni nel 1830 viene stampato anche un 11º volume. Nel 1834 vede la luce il 12º tomo con disegni umoristi e caricature, mentre nel 1349 gli ultimi tre volumi sono semplici raccolte di schizzi pubblicati dopo la sua morte.

I quindici volumi sono costituiti da 434 fogli per i quali si richiesero l'utilizzo di almeno 673 tavole. Le tavole erano incise su ambo i lati per sfruttare il legno pregiato di ciliegio. L'edizione originale stampata per la prima volta nel 1814 è conservata in sole due copie in Giappone.

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Come abbiamo detto le opere di Hokusai riscossero immediatamente un grande successo di pubblico. In occasione di ogni nuova edizione venivano ripubblicate anche le edizioni precedenti, tanto che un certo punto alcuni disegni furono rifatti in xilografia su una nuova tavola di legno per usura delle lastre originali. Per questo motivo di molte opere, soprattutto delle prime, si sono perduti gli originali e non se ne può conoscere la vera qualità. Le copie xilografiche sono opera di cinque allievi di Hokusai e furono incise su tre tavole di legno da alcuni artigiani: la tavola di stampe inchiostrate in nero per i contorni dei disegni, una in grigio e una rosa pesca per colorare e dare un ulteriore tono agli schizzi. I disegni originali dell'autore non ci sono pervenuti perché venivano riprodotti dall'incisore incollandoli direttamente sulla tavola di ciliegio che veniva scavata per la realizzazione della xilografia. Un raro esempio rimasto presso la Bibliothèque nazionale de France ci suggerisce comunque il suo modo di lavorare: egli componeva fra loro diversi disegni realizzati su carte sottilissime per la preparazione della xilografia. L'autore quindi sceglie i disegni che riteneva migliori fra i suoi schizzi, li ricomponeva sulla tavola affinchè l'equlibrio grafico fosse funzionale alla lettura del volume. Questo ci dimostra ancora di più quanto dalla semplice pratica di studio dal vero Hokusai arrivi poi attraverso un'attenta elaborazione strutturata e calibrata alle pagine dei volumi stampati.

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La cura del lavoro preparatorio è seguita dal maestro con attenzione maniacale. Hokusai da giovane lavora come xilografo. Questa esperienza tecnico-professionale gli permette di pretendere dai suoi editori che le stampe siano realizzati con la massima qualità. Per questo richiede che sia un unico artigiano a lavorare sui suoi libri, per mantenere uniformità di stile a tutta l'opera.  Alcune sue lettere a noi pervenute ci testimoniano le indicazioni particolari che l'artista richiedeva affinché le stampe venissero realizzate con fedeltà rispetto ai suoi originali. In una di queste lettere in particolare richiede che sia Egawa Tomekichi a curare il processo di stampa, l'artigiano che aveva lavorato sul 12º volume dei manga, pubblicato nel 1834 con il titolo "Cento vedute del Monte Fuji" (Fugaku hyakkei). 

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Uno degli elementi ricorrenti nei disegni di Hokusai è il tema della montagna e dell'acqua, che l'artista interpreta come due figure della natura contrastanti, ma nello stesso tempo onnipresenti, soprattutto nel paesaggio dell'arcipelago nipponico. La contemplazione della natura, derivata probabilmente dalla sua formazione shintoista, lo induce forse ad attribuire valori metaforici e contemplativi alle forze cosmiche che si possono ammirare nella natura, manifestazione dell'energia universale. Ecco allora le sue tipiche immagini: uno scoglio che emerge dal mare, una roccia che spunta dalla nebbia, una zona brulla ed uniforme in cui appare all'improvviso un elemento di rottura... elementi naturali che rappresentano proprio questo contrasto: da una parte la forza e la ruvidezza della roccia e dall'altra parte il perpetuo ed instancabile lavorio dell'acqua. L'acqua e il movimento delle sue onde, un ripetersi continuo, costante, imperturbabile, universale. La roccia è l'opposto: le sue frastagliature, i suoi minuti dettagli irripetibili, come le impronte digitali umane, diventano l'esatto contrario, la rappresentazione del singolo, dell'unico, del qui, dell'ora. Nelle sue linee stilizzate si apprendono forme, significati differenti, le onde del mare, i flutti ribollenti, la furia della tempesta, i torrenti, le cascate, i vortici che si formano nell'acqua, le onde schiumanti che combattono contro la forza del vento. I segni del pennello graffiati ed incisi sulla superficie del legno contrastano con il grigio dell'acquatinta, con l'assenza presenza del bianco delle nuvole e della neve sulle rocce, sulla cima del Fuji. Il tratto ora appare verticale, inciso e forte e poi per contrasto diventa curvo, morbido, dolce. Le montagne salgono quasi aggrappandosi, roccia su roccia, una sull'altra, in un conflitto sempre più forte, mentre all'orizzonte compaiono morbide nuvole che si avvolgono su se stesse. In primo piano la figura minuta di un contadino col suo ritorto bastone, cammina nella campagna con l'asino che porta il suo raccolto. Altre volte invece è la roccia, così pura e possente, acuta e ruvida, ad essere in balia delle forze del vento e dell'acqua: vento e tempesta la sormontano, la devastano, la flagellano di continui colpi, in una drammatica lotta estetica del segno sulla pagina.

Articolo di Marco Feo

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