Dracula

DRACULA, DRACUL, VLAD?, BAH…

di Alberto Breccia

Comma 22

Maggio 2006

Cartonato, 28 euro

Tra le innumerevoli interpretazioni del mitico racconto di Bram Stoker (scritto nel 1.897) sicuramente il “Dracula” di Alberto Breccia è la più originale e, a mio parere, la più interessante. Fin dalla copertina e poi, sfogliando a caso le pagine interne, si è subito colpiti dai disegni sgargianti e meticolosi, fantastici e surreali, grotteschi e allucinati. Il grande maestro argentino reinventa ogni volta il suo stile grafico per adattarlo alla narrazione, raccontare con forza e carattere una storia. Il segno, la tecnica, il linguaggio diventano fondamentali per esprimere il contenuto, sempre presente nelle sue storie, forte e pieno come in tutta la scuola argentina che ha vissuto il periodo della dittatura. Macchie di acquerello ed ecoline, intarsiate sulla carta come un mosaico, una tarsia marmorea informe e amorfa. Tavole a fumetti che ricordano i quadri di Kandinsky, le composizioni di Ugo Nespolo o le illustrazioni di Bruno Bozzetto. Un segno che rievoca la satira feroce di Gorge Grosz o di Oskar Kokoschka. Vignette rigorosamente mute, lasciando che sia il fumetto nella sua sequenzialità a parlarci, a condurci per mano fra spazi in cui perderci. Sette storie di 10/15 pagine ciascuna: “L’ultima notte di carnevale” dove si ironizza sulla figura di Dracula ma anche su un eroe apparentemente più moderno come Superman (anche lui, come il signore della notte, vola indossando un mantello); “Latrans canis non admordet” cosa succederebbe a Dracula se avesse problemi di denti’, “Un cuore tenero e sconsolato” il romanticismo di Dracula si trasforma in un cuore affabile e scrupoloso e anche il sangue assume un’insolita funzione salvifica; “Non sono più leggenda” la truculenta e orrorifica figura di Dracula impallidisce di fronte agli orrori del quotidiano; “Poe? Puaf!” un omaggio al grande scrittore americano, iniziatore del genere poliziesco e dell’orrore.

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Segue, dopo le storie, un ricco sketchbook che ci mostra come lavorava il maestro argentino, permettendoci di studiare gli schizzi che si trasformavano in tavole preparatorie, a volte abbozzate velocemente con poche righe e alcune frasi descrittive, a volte già delineate con un segno che velocemente si contorce su se stesso, quasi fosse un groviglio casualmente tracciato su un fogliaccio per vedere se la penna scrive, e che invece nelle sapienti mani di Breccia si trasforma in un accurato affresco di personaggi e situazioni.

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Daniele Brolli chiude le pagine del volume con un’interessante riflessione sulla figura del vampiro e sul lavoro di Alberto Breccia. Lo scrittore ci fa riflettere sul simbolo del sangue, elemento strettamente legato alla figura del vampiro e alla sua sopravvivenza, che viene sempre letto e interpretato come metafora, forse perché elemento che scorre internamente al nostro corpo, diventa sinonimo di qualcosa che si nasconde, sotterraneo, rimanda ad altro, a un significato nascosto. Breccia realizza il fumetto agli inizi degli anni ottanta, nella fase decadente del potere dittatoriale, quando per rispondere all’incrinarsi delle sue fondamenta il potere militare che controllava la politica diveniva più terribile e spietato, spingendosi a compiere terribili delitti. Un intellettuale come Breccia veniva perseguitato e minacciato di morte. E anche se faceva solo “fumetti”, dai più considerati come “roba per bambini”, quei suoi fumetti davano fastidio al potere perché parlavano, raccontavano, si ribellavano.

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