Texone n.41
Ben il bugiardo
Giugno 2025
Testi di Pasquale Ruju - Disegni di Stefano Biglia
Provateci voi a rimanere nel bel mezzo del rovente deserto del Messico, legati a quel che rimane di un ceppo di tronco rinsecchito, mentre robuste corde di juta vi tagliano la carne e il sole vi percuote senza sosta la testa. La pelle del busto si squame, l'arsura vi brucia la gola. E se tutto questo non bastasse per vantarvi di essere baciati dalla fortuna, a pochi metri di distanza da voi, sotto l'unico alberello contorto che si trova in una distesa infinita di rovi e sassi, due balordi “mangia tortillas” vi irridono bevendo avidamente l'acqua dalla loro borraccia e puntandovi contro il fucile, come se in quelle condizioni foste ancora in grado di scappare. E’ quello che è capitato al ranger Liam Harris, messosi sulle tracce della banda dei fratelli Puentes (che nell’idioma spagnolo significa ponti e un ponte avrà un ruolo fondamentale nel loro destino). Purtroppo l'abile ranger non è abbastanza accorto per non finire nelle grinfie dei banditi. Dopo essere stato malmenato al ranger è toccata la triste sorte sopra descritta. Per sua fortuna Liam Harris è amico di un certo Tex Willer, che i lettori di questo articolo sicuramente conoscono. Il protagonista del fumetto bonelliano non si tira mai indietro se c'è bisogno di aiutare gli amici. E’ ciò che fa anche in questo caso dopo aver dato un rapido ma appassionato commiato ai torturatori messicani, con gli immancabili confetti di piombo che il nostro eroe porta sempre con sé per ogni occasione e che nel suo cinturone non corrono certo il rischio di ammuffire. Soccorso l'amico ranger, Aquila della notte lo trasporta con un improvvisato travois1 fino alla più vicina cittadina di Cloverdale. A questo punto del poderoso volume denominato amorevolmente "Texone", il lettore ha già avuto modo di conoscere alcuni degli abitanti del paese e in particolare il personaggio che dà il nome al racconto, ovvero Ben il bugiardo. È questo il soprannome di Ben O'Leary, un giovane di Cloverdale che fin da ragazzo è sempre stato molto timido e introverso, incapace di farsi valere dagli amici e che si è sempre rifugiato nella lettura e in particolare nei racconti popolari a basso costo diffusi nel 1800 anche in America. Gli appassionati lettori bonelliani e in particolare quelli di Zagor, ben conoscono questi fascicoletti dal formato popolare, diffusi a basso costo, chiamati dime novels. Li cita lo stesso Sergio Bonelli (con la firma del suo pseudonimo Guido Nolitta) sulle pagine dello Spirito con la scure nell'albo intitolato “Zagor story”: in quell’episodio lo scrittore Eddy Rufus ha scritto una serie di dime novels con protagonista Zagor. Per avere nuove ispirazioni l’incauto scribacchino decide di andare alla sua ricerca nella foresta di Darkwood. Ma lo attendono non poche complicazioni.
Nell'introduzione del Texone il bravo Luca Barbieri descrive la genesi e lo sviluppo storico di queste pubblicazioni in un approfondito articolo che parte addirittura dal millecinquecento (pochi decenni dopo l'invenzione della stampa di Gutemberg2 con i primi “chapbooks” inglesi per arrivare ai più popolari e diffusi “half-dime novel” americani. Pubblicazioni di basso costo, grazie all'utilizzo di carta molto economica e alla diffusione a livello popolare, che in qualche modo sono gli antesignani del moderno fumetto, di cui noi tutti siamo appassionati e la casa editrice milanese una delle principali produttrici in Italia (e non solo).
Quando Tex arriva a Cloverdale i fratelli Puentes lo hanno già preceduto, rapinando la banca e facendo prigioniera la giovane maestrina del paese Miss Angela Flynn. L'incauto Ben O'Leary decide di mettersi sulle tracce dei banditi, sperando di poter liberare la bella ragazza di cui è segretamente innamorato. Il ragazzo però non sa tenere in mano un'arma e non si è mai veramente avventurato nel mondo, come invece ama far credere ai compaesani nei suoi racconti. Un'inattesa svolta narrativa gli riserverà un ruolo importante nello sviluppo della storia.
Come da tradizione il Texone è affidato ogni anno ad un autore che si è distinto particolarmente per il suo lavoro e le sue abilità grafiche. Sulle ampie pagine della pubblicazione si sono alternati negli anni disegnatori esterni alla casa editrice milanese e fumettisti della scuderia bonelliana. Quest'anno il compito è toccato a Stefano Biglia, i cui disegni abbiamo imparato ad apprezzare, oltre che sugli albi del ranger texano anche su quelli di Nick Raider, Magico Vento e Shanghai Devil. Genovese, Stefano ha avuto l'opportunità fin da giovane di collaborare con lo studio di uno dei più importanti autori italiani di fumetti: quello di Renzo Calegari. Inizia a lavorare per lo studio ligure nel 1990, collaborando alla realizzazione di due storie noir, una delle quali apparsa sulle pagine di "Ken Parker Magazine". Dal 2021 è il copertinista della ristampa “SuperTex”.
L'interpretazione che Biglia conferisce alle vignette di Aquila della notte ci piace molto e sulle ampie pagine del Texone viene valorizzata. Il suo segno è veloce, sintetico, ma i contrasti di bianco e nero dati da luce e ombre suggeriscono dettagli e particolari. Stefano usa sapientemente l'equilibrio compositivo all'interno della vignetta lasciando ampi spazi bianchi solcati da poche righe di pennello, equilibrati da macchie nere, dense e scure. Grazie a questa abilità grafica i suoi disegni acquistano profondità e tridimensionalità. Se siete un po' vecchiotti come chi scrive, forse ricorderete una pubblicazione di riferimento negli anni ottanta per chi aspirava fare il lavoro del fumettista: “La tecnica del fumetto”3. All'inizio del saggio veniva spiegato come nel fumetto realistico la tecnica del disegno potesse essere suddivisa in due insiemi a seconda delle scelte stilistiche degli autori. Da una parte chi cerca, attraverso tratteggi e tramature, di rendere la superficie dei personaggi e degli oggetti, ottenendo uno stile descrittivo, preciso, attento. Dall'altra parte chi, all'opposto, sceglie contrasti più forti, grazie a macchie di neri, per evidenziare luci e ombre. In questo caso le vignette sono meno precise ma acquistano una forte carica espressiva, riescono a rendere la dinamicità di un'azione, bucano la bidimensionalità del foglio per conferire plasticità e tridimensionalità. Stefano Biglia si colloca abilmente nel mezzo. Contemplando le sue tavole si respira la polvere del deserto, le asperità del terreno, le aspre rocce sulle quali Tex e compagni sono costretti ad arrampicarsi con le loro cavalcature alla ricerca del covo segreto dei banditi messicani.
Basta guardare la prima vignetta per rendersene conto: il disegnatore imposta la profondità dell’inquadratura attraverso quattro piani che si muovono sinuosi nello spazio. Da sinistra a destra per poi tornare ancora a sinistra. Una roccia in primo piano in basso a sinistra (1), l’albero con i due messicani (2), il prigioniero (3), le montagne sullo sfondo (4). Il nero pieno dell’ombra descrive e aggiunge peso, crea equilibrio, alternandosi alle zone ripassate solo con una vigorosa e incisiva linea chiara.
Nella pagina successiva una vignetta doppia ci mostra i due banditi sotto l’albero. I segni sono di molteplici tipologie per illustrare e scolpire: il nero quasi pieno del tronco dell’albero colloca questa forma alle spalle dei due uomini, ma i punti bianchi lasciati sulla sua superficie ci suggeriscono la ruvidità della corteccia e gli sprazzi di luce che penetrano dalle fronde. Macchie di nero sparse modellano le ombre e le pieghe dei vestiti, oltre a farci leggere la posizione anatomica dei due personaggi. Un grigio reso attraverso un sottile tratteggio rivela zone di penombra. Pochi punti e tratti della stessa dimensione suggeriscono al lettore i sassi in primo piano, i cespugli sparsi nella distesa desertica sullo sfondo, le nubi del cielo. Osservate infine il ramo in alto a sinistra: righe concise diventano ombra, foglie sottili, scabrosità della corteccia… bilanciamento della vignetta. Un’ultima osservazione: il tratteggio, le macchie bianche sul tronco, il dispiegarsi delle ombre sugli oggetti, sono eseguiti tutti nello stesso verso: dall’alto al basso, da sinistra e destra. Non è un caso. Una linea inclinata conferisce azione, dinamica, movimento, anche in una situazione fondamentalmente ferma come quella del soggetto qui rappresentato.
Attraverso un riuscito primo piano possiamo cogliere la sofferenza del ranger Liam Harris. Il fumettista delinea l’ingombro della testa con un tratto deciso e spezzato. L’interno è quasi tutto nero, una sorta di silhouette bucata dalla forma dell’orecchio, che sporge in avanti, verso di noi. Le zone d’ombra tratteggiate sul naso, sul labbro e sul collo arretrano verso un ulteriore piano. Brevi segni descrivono la barba e il labbro spezzato per l’arsura. Il mento quasi sparisce verso lo sfondo, completamente bianco, per contrasto.
Anche nella gestione della tavola Biglia è un maestro consolidato. Prendiamo in analisi la pagina 62. La banda dei fratelli Puentes ha assaltato la banca di Cloverdale e ucciso lo zio di Ben. Nella prima vignetta, costruita con linee inclinate, il ragazzo si affaccia terrorizzato da dietro il bancone del negozio. In primo piano la mano dello zio morto, il cui cadavere vediamo interamente nella vignetta prospettica seguente. Tersa vignetta: disperato, il giovane fugge verso la porta (a sinistra) ma il suo sguardo rivolto verso il centro della pagina, osserva ancora i due corpi (fuori campo). Nel quarto riquadro Ben esce all’esterno della bottega, in un vicolo caratterizzato da linee e ombre molto drammatiche. Quindi nella vignetta successiva corre verso di noi chiedendo aiuto. Un tizio sullo sfondo lo fissa. In tutte le prime cinque vignette il protagonista guarda verso di noi. Nell’ultima vignetta l’inquadratura si ribalta: Ben corre nella strada ed è osservato da due signori che sono in primo piano, di quinta, all’interno di una casa.
Il Texone di Pasquale Ruju e Stefano Biglia si rivela un’altra azzeccata proposta della Sergio Bonelli editore.
Articolo di Marco Feo
Copyright © 2025 Sergio Bonelli Editore
Note:
1La struttura a telaio utilizzata dai pellerossa, in particolare dalla tribù dei Piedi neri, per trasportare pesi, che veniva trascinata da uomini, cani o cavalli.
2 La stampa a caratteri mobili in metallo fu inventata dall'orafo tedesco Johannes Gutenberg a Magonza nel 1455 e si diffuse velocemente in tutto il mondo occidentale.
3“La tecnica del fumetto, trattato di disegno professionale specializza”, autori vari: Albistur, Bayon, Breccia, Del Castillo, Freixas, Garaycochea, Haupt, Mottini, Pratt, Quino, Salinas, Vieytes, a cura di Enrique Lipszyc, Editiemme, Milano, 1982.