Il vampiro di Ropraz
Di Jacques Chessex
Fazi editore
2009
L’autore scrive questo racconto partendo da un fatto realmente accaduto, un avvenimento di cronaca di inizio ‘900. A Ropraz, un villaggio sopra Losanna, nella svizzera valdese, in faccia alla catena delle alpi Bernesi e al cantone di Vaud, dove Jacques Chessex si è fatto costruire una casa, nel 1903 la giovane figlia di un giudice di pace, muore appena ventenne. La tomba di Rosa Gilliéron, questo il nome della defunta, viene ritrovata pochi giorni dopo il funerale, violata: il corpo orrendamente mutilato, massacrato, tagliuzzato con un oggetto affilato, dilaniato come da una belva feroce. Subito, per l’atrocità del fatto, si parla di un vampiro. Ma nessuno sa ovviamene chi sia il colpevole. Il misfatto accade ancora altre due volte, in villaggi vicini, scatenando la fobia e gli orrori più terribili. Pian piano che il racconto si dipana, l’autore ribalta la situazione, facendo divenire protagonista e assassino non il temibile figuro di tante leggende, l’aborrito essere di stockeriana memoria, ma piuttosto la paura, la superstizione, la cattiveria innata della popolazione di quelle terre chiuse, povere e consunte da secoli di privazioni e miserie che si riversano alla ricerca di un capro espiatorio, di un colpevole, di una vittima da immolare sull’altare della giustizia umana. Ma non di quella divina o del destino. Il colpevole si trova, ben più umano e miserrimo che un pipistrello dai lunghi denti o di un conte della Transilvania. Nulla di tutto ciò. L’orrore di questo libro è ben più terreno e umano e perciò, forse, ancora più angusto e soffocante, perché vero, reale. E’ una tragica ironia quella dell’autore: gioca con le figure, gli attori del suo scritto, sovverte la circostanza. Il carnefice diventa eroe, l’assassino da punito diviene idolo e celebrazione. Le parti si ribaltano, la piccola giustizia umana, che si nasconde dietro veli di perbenismo, per celare orrori disgustosi, scopre la sua pochezza in un finale che lascia con l’amaro in bocca e nello stesso tempo ci spinge ad interrogarci sulle nostre sicure quotidianità. Non rileviamo di più, per non privarvi del gusto della lettura, ma consigliamo questo breve racconto, dove la figura del vampiro non segue quella della tradizione ma piuttosto diventa lo strillo di un giornale, per indicare un assassino, un maniaco, una nuova vittima da punire. Perché alla fine questo sappiamo fare: puniamo per salvare, ma salvare da cosa se siamo noi i creatori di mostri?

											









