Akira

"Alle 14,30 del 6 dicembre 1992, un nuovo tipo di bomba esplose sull'area metropolitana del Giappone. Nove ore dopo cominciò la III Guerra Mondiale. Leningrado, Mosca, Kazakistan, Irkutsk, Vladivostok, San Francisco, Los Angeles, Washington, New York, Okinawa, Berlino, Amburgo, Varsavia, Londra, Birmingham, Parigi, Nova Delhi... E ricominciò la ricostruzione del mondo. Neo-Tokio City, 38 anni dopo la III Guerra Mondiale..."

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Così iniziava, nell'aprile del '90, la pubblicazione in Italia, di uno dei più grandi Manga mai realizzati. Il nuovo tipo di narrazione, gli stupendi colori di Steve Olif dell'edizione americana, ma soprattutto il genio creativo di Katsuhiro Otomo, colpirono subito il mercato del nostro paese, aprendo definitivamente la strada per la pubblicazione di altre opere giapponesi. Akira è una storia fantascientifica, ma l'ambientazione, un'era post- atomica, è descritta in maniera molto concreta e plausibile. Non c'è il deserto di Ken Shiro o Mad Max, ma una città ricostruita, con la cupidigia dei politici, il potere militare, i quartieri più poveri e malfamati, la volontà di ribellione delle nuove generazioni, ecc. I personaggi sono reali, si esprimono con un linguaggio quotidiano, arrossiscono, sudano, vanno al gabinetto, cadono e si spellano le mani, hanno paura, provano sentimenti contrastanti, vivono! Sono tutti piccoli atteggiamenti del nostro quotidiano che ci vengono dati senza paura, con ironia magari, ma mai con sfrontatezza, e che ci inseriscono in un ambiente, in cui diventano credibili anche le cose più incredibili.

L'esperienza grafica dei Manga è portata avanti, spinta alla ricerca di nuove possibilità espressive. Nel montaggio ad esempio: la narrazione procede con sequenze alternate, che corrono parallelamente in modo da farci vedere contemporaneamente ciò che succede in diversi luoghi, ottenendo una visione globale, reale, ma soprattutto dinamica. Dai più piccoli particolari: un primo piano, il dettaglio di un occhio, un piede che si muove, un muscolo che freme, un topo che corre nell'immondizia, si arriva a spettacolari vignette di due pagine in cui il patos, il dramma, raggiunge il suo apice, per poi ricominciare.



akira1Come solitamente succede in Giappone, l'eccezionale successo ottenuto, spinse Otomo alla realizzazione di un film di animazione della storia. Con un Budget di 1 miliardo di Yen, 10 compagnie riunite sotto il nome di: "Comitato di produzione Akira", 30 studi, 5000 persone di cui 1300 addette all'animazione e la collaborazione di alcuni dei migliori animatori dell'isola orientale (fra cui Takashi Nakamura, Hirotsugu Kawasaki, Noriyuki Okiura, Toshiharu Mizutani e Izo Hashimoto), vennero realizzati i 124 minuti di animazione del film "Akira" (150.000 "cells"). Da ricordare anche la bellissima colonna sonora del gruppo di Geinoh Yamashirogumi (per gli interessati è possibile trovare tutte le musiche del film in CD, inoltre per i super-appassionati, nel cofanetto della versione di lusso inglese dell'OAV del film, è presente il documentario "The Makine of Akira" sulla produzione dello stesso).

Il film mantiene lo spirito del Manga. Ma riportare in un film una storia di tali proporzioni senza tradirne la struttura era cosa molto difficile. Tagliarne alcune parti sarebbe valso a poco, con il rischio di avere un prodotto che avrebbe scontentato gli appassionati. Otomo riprende in mano la sceneggiatura, mantiene i personaggi e le sequenze, ma mischia leggermente l'intelaiatura portante, creando così una storia molto simile, ma nello stesso tempo diversa. La differenza sostanziale sta nel fatto che Akira nel film non esiste. Solo alla fine si apre il laboratorio segreto in cui è custodito e si scopre che "Akira" o "progetto Akira" come lo chiama il Colonnello, non è altro che una serie di contenitori in cui fluttuano le rimanenze di un esperimento genetico. Del bambino del fumetto vediamo solo una piccola immagine, un fantasma, un ricordo che appare prima dell'esplosione di energia finale (provocata dalla rottura delle provette, e dall'incontro del potenziale originario di Akira, così riattivato, con quello incontrollabile di Tetzuo). E' Tetzuo ad assumere in se tutte le cause e le colpe dell'accaduto. Raccolto dopo l'incidente sull'autostrada gli viene iniettata una sostanza che lo trasforma. Ma la scelta del soggetto in questo caso è secondaria. Avevano bisogno di un test per continuare gli esperimenti nel tentativo di sintetizzare il modello "Akira", dimenticato dai tempi della guerra. L'incalzare dei politici e dei movimenti rivoluzionari, costringono gli scienziati a procedere senza le dovute cautele, provocando il disastro: la creazione di un soggetto incontrollabile. Nel fumetto invece Tetzuo già da piccolo faceva parte del gruppo dell'esperimento.

Sta proprio qui, nella concezione dell'energia e dei poteri "esper" che si differenziano fumetto e animazione. Ce lo spiega la stessa Kioto, una dei tre bambini con i poteri: "L'uomo nella sua vita compie grandi cose, costruisce, progetta, sogna... per far tutto questo ha bisogno di una grande energia. Questa energia è presente in ogni essere vivente". Nel film viene messa l'energia di un uomo in un'ameba unicellulare e il tutto trapiantato nel soggetto del test. Ma questi esseri unicellulari non hanno la coscienza di progredire, ma solo il desiderio, l'istinto di sopravvivenza che spinge il povero Tetzuo a distruggere tutto ciò che gli si pone di fronte. L'esperimento è sostanzialmente un fallimento. Akira è morto fin dal principio. I bambini finiscono in una specie di rinascita cosmica, e il mondo, perdendo per sempre ogni prova dell'esperimento, potrà ricominciare una nuova vita. Nel Manga invece l'energia non viene raggiunta solo con un esperimento scientifico (anche se questo ha sempre un ruolo fondamentale perché potenzia i poteri di alcuni bambini permettendo loro di raggiungerla), ma è vista quasi come una concezione filosofica. Così spiega Tetzuo in alcune vignette: "Non si tratta di potenza ma di una grande corrente di tempo ed energia che fluisce senza fine. Per raggiungerla bisogna liberarsi di se stessi, raggiungere un livello superiore. Io prima, più ne consumavo e più ne volevo... ". Nel film c'è solo l'ameba che consuma e divora energia distruggendo ciò che gli sta attorno, nel fumetto si passa avanti, si supera questo stadio e la possibilità di riuscirvi ci è provata dall'esistenza concreta di Akira.

Sostanzialmente nel film vi è un'impostazione negativa dell'utilizzo dell'energia, nel manga una positiva. Mio nonno, che è un grande amante di film Western, quando ero piccolo, mi diceva sempre che un film per essere bello non deve mai far apparire il protagonista fin dall'inizio. Ora se potessimo prendere questa regola per vera, Akira sarebbe sicuramente un grandissimo racconto, visto che l'autore ci tiene in ballo fino al decimo numero (in Giappone fino alla fine del secondo volume) prima di rivelarci il piccolo protagonista. E in effetti questa "regola" nasconde un fondo di verità: la grandissima capacità di Otomo di trasportarci lungo gli intricati vicoli delle vignette, senza stancarci. Perché in realtà non esiste un protagonista, ma una serie di protagonisti: Kaneda; la bella Kay; Tetzuo, vittima del destino e di se stesso, l'autoritario ma buon Colonnello; Takashi, Masaru e Kiyoto, i tre bambini "esper"; Lady Miyako; ecc.

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